Una nuova ondata di covid 19. Nuovi decreti. Nuove regole hanno ormai stravolto la nostra quotidianità.
Anche noi ci siamo dovuti fermare.
Abbiamo seguito gli eventi e ci siamo posti tante domande, come tutti, d’altronde.
Sono molteplici gli aspetti da indagare, su cui confrontarsi. Aspetti sociali, psicologici e pedagogici, sulla salute fisica e mentale, sulla tenuta dell’attuale modello di economia mondiale. È un periodo storico di straordinaria importanza. Sento una personale incapacità di coglierne la reale portata. Mi sento piccola. Mi chiedo quale sia la mia parte in tutto questo. Come donna, come madre, come cittadina del mondo.
Una delle mie maggiori fortune è lo scenario che vedo dalla finestra della stanza dei giochi di mio figlio: una quercia di oltre 300 anni. Un Ilice maestoso. Silenzioso. Solido e sereno.
Durante il primo Bagno di Bosco di Chiarìa un amico ci ha donato un pensiero profondissimo che porto con me da quel giorno. Era davanti al suo albero, lo aveva trovato fra decine di altri alberi. Era solo e in silenzio. “Ho rallentato i movimenti e il respiro”, racconta, “osservavo il mio albero e continuavo a rallentare. Sono rimasto immobile e ho avuto una rivelazione: per quanto rallentassi, l’albero aveva un tempo milioni di volte più lento e profondo del mio. Mi ci sono abbandonato e gli ho chiesto di insegnarmi la lentezza”.
Già… Il tempo degli alberi è lungo e sereno. Un tempo verde, di germogli e solida corteccia. Un tempo che non si cura delle follie dell’uomo. Un tempo che ci guarda dall’alto e che non si ferma.
La nostra Romina qualche settimana fa ci propone di partecipare all’evento Permafest 2020: una costellazione di piantumazioni in tutta la Sicilia. Chi di noi aveva un pezzo di terra dove piantare degli alberi?
Piantare alberi in questo momento storico. Quale potente energia può scatenare? Significa entrare nella ruota del tempo, fare esercizio di lentezza e futuro. Dare respiro alla nostra speranza.
Antonio Coco è un apicoltore gentile, amico del nostro Salvo. Lui ha la dimora adatta per i nostri alberi.
Così, armati di pale, zappe, otto piccoli alberi e concime, ci diamo appuntamento per piantumare anche noi. C’è un sole dicembrino di quelli sbarazzini e orgogliosi. Aria frizzante e terra umida, terra buona. È la terra del bisnonno di Antonio. Dei frutti di quella terra ci hanno campato diverse generazioni: gelsi, fichi, fichi d’india, agrumi. Oggi ne resta un fazzoletto prezioso, terra di api e alberi non potati. Terra che sa di cose genuine, come il sorriso di Antonio. Come le mani sporche di humus di Romina, di Salvo e Danilo. Terra felice come la mia panzuzza che cresce. Un fazzoletto di terra, nascosto e protetto, in una zona fra Viagrande e San Giovanni la Punta, ormai quasi tutta urbanizzata. “Fino a cinquant’anni fa qui c’era un bosco immenso”, dice Antonio. Qualche piccola e timida quercia qui e là cerca, come lui, di tenere viva la memoria dei suoi antenati. Un fazzoletto di terra in via Arcobaleno. Potete crederci?
Abbiamo piantato quattro corbezzoli e un cerchio magico di allori. Alberi melliferi. Promesse di dolcezza e ronzii.
Ci siamo sentiti felici. Abbiamo parlato di cose belle. Abbiamo parlato di aria buona, di terra strappata al cemento. Abbiamo parlato di bimbi e di futuro.
Magari è questo il mio posto: fra le radici di un corbezzolo e i suoi frutti rossi e tondi. In questo tempo di mezzo in cui la cosa migliore che possa fare è piantare alberi e parlare di cose belle, mentre condivido sguardi che abbracciano il futuro.
Leave a Reply